martedì 30 novembre 2010

Curry + Wurst

Altro ricordo di Berlino, dopo la birra parliamo di curry wurst, il popolare cibo da strada della capitale tedesca, preparato e venduto nei tipici imbiss (chioschi). Inventato nel 1949 da Herta Heuwer usando come ingredienti ketchup, salsa Worcestershire e curry ricevuti da soldati inglesi stanziati a Berlino, divento' subito molto popolare specialmente tra gli operai che lavoravano nella zona di Charlottenburg dove la signora apri' il suo imbiss. Sul posto ora e' possibile vedere una targa che celebra Herta Heuwer e la sua salsa Chillup (con questo nome venne registrata). Da notare anche che l'anno scorso, per celebrare i sessanta anni di vita del curry wurst, e' stato inaugurato un museo ad esso dedicato  Deutsches Currywurst Museum (data l'offerta di musei di Berlino estremamente vasta ed importante ovviamente consiglio di lasciar perdere questo museo per visitare il Pergamon Museum ed il resto).
Certo mangiarlo a Berlino, servito sul piccolo vassoio di carta, accompagnato da patatine fritte o da un panino (brochen), e' un'esperienza unica, ma una versione casalinga, semplice da realizzare, puo' essere molto vicina all'originale. Volendo rinunciare ad i wurst bianchi tedeschi per i comuni wurstel del supermercato sotto casa, ed alla salsa della signora Heuwer per un comunissimo ketchup, il curry wurst fatto in casa diventa un gioco da ragazzi. Prima di tutto occorre bollire per pochi minuti i wurstel, quindi tagliarli a fette non troppo sottili mentre su una pentola si riscalda il ketchup. Per ultimo unire al ketcup nella pentola i wurstel tagliati, aggiungere il curry in polvere e lasciar stare ancora un po'. Naturalmente sulle quantita' ognuno si puo' regolare come vuole, a qualcuno potrebbe anche venire in mente di aggiungere altre salse o spezie. Per finire una curiosita', a Berlino ho visto tagliare il wurst con una apposita macchinetta che in un colpo solo affetta il wurst per l'intera lunghezza!

lunedì 29 novembre 2010

Tutta un'altra musica

A tutti penso sara' capitato di viaggiare in macchina la sera o la notte e sentire il bisogno della compagnia della radio. "Certe notti la radio che passa Neil Young sembra avere capito chi sei" come canta Ligabue. A me succede spesso, e quando succede il venerdi' sera o il sabato notte le trasmissioni che amo seguire sono rispettivamente Radio2 Live e Stereonotte.
La seconda non credo abbia bisogno di presentazioni essendo un appuntamento storico per molti appassionati. Si puo' ascoltare la musica che ad altri orari e su altre radio non sentiresti mai, presentata e commentata da conduttori davvero molto competenti oltre che simpatici, capaci di creare quella che si potrebbe definire la giusta atmosfera. Per quanto mi riguarda Stereonotte e' un mezzo per conoscere nuova musica piu' che per approfondire generi e autori che gia' ascolto. Il panorama musicale e' sterminato e Stereonotte aiuta ad aprire sempre nuove prospettive. Ultimamente ad esempio grazie al programma sono venuto a conoscenza di The Smiths, gruppo inglese degli anni '80 di cui ignoravo l'esistenza (anche se il leader Morissey mi era noto!). Credo proprio che appena ne avro' l'occasione comprero' un loro album (ho buttato l'occhio su The Sound of the Smiths, una specie di best of uscito un paio di anni fa).
L'altro programma a cui sopra accennavo, Radio2 Live, e' meno conosciuto e forse meno suggestivo ma non meno importante perche' offre concerti live ogni venerdi' sera. La scorsa puntata e' stato trasmetto un concerto di The Coral registrato a Milano ad inizio mese. Anche in questo caso e' stata una bella sorpresa conoscere una nuova band, che mi e' piaciuta particolarmente per il richiamo alle sonorita' degli anni 60 e per l'impronta folk-rock di molte delle loro canzoni. Nonostante The Coral esistano dalla fine degli anni '90 non hanno ancora raggiunto un successo di massa, e questo sembra essere proprio una ulteriore testimonianza a loro favore.

venerdì 26 novembre 2010

Bondolizer

In una ipotetica classifica dei personaggi meno invidiati in questo momento metterei sicuramente il ministro per i Beni e le Attivita' Culturali Sandro Bondi. Dopo il crollo della casa dei gladiatori a Pompei, la protesta dei lavoratori nel settore dello spettacolo per i tagli al Fondo Unico dello Spettacolo (FUS) ed il mancato rinnovo degli sgravi fiscali per le produzioni cinematografiche, ecco infine scoppiare lo scandalo parentopoli: tra i beneficiari del tanto contestato FUS, per una quota di 25.000 euro, troviamo l'ex marito dell'attuale compagna del ministro Manuela Repetti. La giustificazione secondo cui si tratta di un fatto privato, di un gesto generoso rivolto ad una persona in difficolta' e' banale e gia' sentita, Bondi deve aver imparato dal presidente del Consiglio, anche lui uomo di cuore pronto ad intervenire per togliere dai guai la povera Ruby. Ma non solo, dobbiamo aggiungere fra i destinatari della bonta' del ministro anche il figlio di Manuela Repetti, che si e' venuto a sapere lavora al ministero. Ultimo degli scandali, in occasione dello scorso Festival del Cinema di Venezia, Bondi avrebbe inventato un "premio speciale" da assegnare alla regista bulgara Michelle Bonev, amica "cara" del presidente Berlusconi.
Prima della mozione di sfiducia che lo riguardera' lunedi' prossimo, lo vogliamo ricordare qui per un'attivita' che lo ha reso famoso in questi anni: le poesie dedicate a personaggi, della politica e no, a lui particolarmente vicini. In pieno accordo con il suo carattere, si tratta di brevi componimenti di ossequio, lunghi generalmente 4 versi, ciascun verso composto da poche parole, piu' che altro sostantivi e aggettivi (i verbi sono rari).  Il tutto pieno di retorica e immagini mielose, senza alcuna connessione logica fra un verso e l'altro. Ecco un esempio che ho copiato dall'antologia su gamberorotto.com:
A Rosa Bossi in Berlusconi
Mani dello spirito
Anima trasfusa.
Abbraccio d’amore
Madre di Dio.
(la madre di Berlusconi e' madre di Dio, quindi ...).  Sullo stesso sito esiste una divertente applicazione, il Bondolizer per generare in automatico questo tipo di poesie, sono tutte diverse ma tutte uguali, lo stile e' inconfondibile, provare per credere!


 

giovedì 25 novembre 2010

Banda stretta

Liberalizzazione del wi-fi nei locali pubblici? Dalle dichiarazioni del ministro Maroni sembrava proprio cosi', in realta' pare che la volonta' politica sia: agevoliamo la diffusione del wi-fi eliminando aspetti burocratici ma manteniamo l'obbligo di identificazione per l'utente che si connette. Quindi liberalizzazione ma fino ad un certo punto, se ne parlera' con il disegno di legge prossimamente in parlamento. Quello che e' certo e' che il decreto Pisanu, in scadenza al 31 dicembre 2010 non sara' prorogato. Con esso scomparira' appunto l'obbligo del gestore del locale pubblico di chiedere la licenza alla questura. L'obbligo di identificazione non scade, sarebbe necessaria invece un'abrogazione per toglierlo di mezzo. Ma cio' evidentemente non accadra', a differenza delle legislazioni di molti altri paesi dovremo continuare a farci identificare, per questioni di sicurezza dicono.
Passata la fase della carta di identita' si discutera' della possibilita' di usare il cellulare per ricevere una password da impostare nell'accesso. Tale sistema pero' non sarebbe praticabile per i visitatori stranieri (dal loro numero di cellulare non si riuscirebbe a risalire a nome e cognome come per i cittadini italiani).
Sarebbe bello capire con supporto di dati se i wi-fi liberi sono seriamente un mezzo prediletto da criminali e terroristi, ma e' difficile pensare che sia cosi' dato l'esempio degli altri paesi in cui non esistono restrizioni! Stiamo a vedere cosa succedera', voglio ricordare, per finire, che il problema del wi-fi non libero si aggiunge ad altri problemi che limitano la fruizione di internet in Italia, il wi-max in ritardo per colpa dell'assegnazione delle frequenze, il digital divide con 10 milioni di italiani sprovvisti di copertura di banda larga.

mercoledì 24 novembre 2010

Il piccolo genio/1

Dopo oltre 140.000 km percorsi ho sufficienti elementi per fare un bilancio della mia compagna di viaggio Toyota Yaris 1.4 D4D. Acquistata nel giugno 2006, e' stata strapazzata sin da subito con una percorrenza record di 45.000 km circa nel primo anno (allora facevo vita da pendolare). Con il cambio di lavoro la media si e' poi attestata sui 30.000 km/anno, valore comunque non indifferente (nei fine settimana macino abbastanza). 
Il giudizio complessivo e' piu' che buono, sia dal punto di vista della qualita' di guida che nei riguardi della manutenzione. L'unico intervento non programmato ha riguardato la batteria, sostituita non molto tempo fa. Per il resto di rilevante c'e' da sottolineare solo il cambio della cinghia dei servizi, previsto per il tagliando dei 105.000 km (effettuato pero' a 120.000). Faccio notare che la distribuzione e' con catena, non cinghia, particolare importante che evita l'ulteriore spesa per la sostituzione della cinghia prevista in molte altre macchine. I tagliandi sono stati effettuati con regolarita' ogni 15.000 km (quindi molti frequenti, purtroppo) come previsto per la garanzia. Ricordando meglio, oltre al problema della batteria, di recente ho dovuto affrontare anche la questione del motore che vibrava e strattonava all'avvio, ma la soluzione e' stata semplice, ha riguardato il cambio del filtro della nafta che si era intasato. Ci sono stati anche due richiami da parte della Toyota, il primo per i fermi dei poggia testa posteriori, il secondo quello famoso del pedale dell'acceleratore (in entrambi i casi il lavoro in concessionaria e' stato molto veloce). Faccio un elenco degli aspetti positivi e di quelli che mi convincono di meno.

PRO:
  • Abitabilita'. Nonostante le dimensioni compatte c'e' molto spazio dentro. Inoltre il divano posteriore si puo' abbattere e frazionare.
  • Motore. Il diesel 1.4 turbo con i suoi 90 cv spinge molto sopra i 2000 giri. La macchina e' scattante e consuma poco, 20 km/l senza stare per nulla attenti all'acceleratore.
  • Guidabilita'. Ottima tenuta di strada, la macchina e' agile fra le curve, sospensioni discretamente rigide. Il rollio pero' e' marcato per l'altezza del baricentro.
  • Cambio: Preciso e morbido. Ma ultimamente puo' capitare che la retro faccia un po' di fatica ad entrare.                                
CONTRO:
  • Comfort: Motore molto rumoroso in abitacolo. Sedili non profilati. Con il sedile regolato molto dietro come nel mio caso la leva del cambio rimane troppo avanzata. Fra i rumori aggiungo quello, che a volte capita a freddo, tipo barattoli che sbattono, della catena di distribuzione (penso per problemi legati alla lubrificazione).
  • Dettagli: Tralasciando la plastica rigida del cruscotto che ci puo' anche stare. La parte bassa dell'abitacolo e gli interni porte sono molto economici (vedere ad esempio le maniglie delle porte o il tunnel fra i due sedili).  Segnalo anche il pomello  del cambio che scolorisce (quello originale infatti e' stato cambiato in garanzia) e le molle a gas del portellone posteriore che si sono presto scaricate con la conseguenza che il portellone da solo si apre solo a 3/4 (e la testa rischia di sbattere!).
  • Frizione: Non mi ricordo bene come era all'inizio ma ora stacca parecchio alta. Inoltre e' leggermente dura.
  • Sterzo: Lo preferirei piu' diretto ad alte velocita' ma non e' una macchina sportiva...
Aggiungero' in futuro altre osservazioni mano a mano che mi verranno in mente.

martedì 23 novembre 2010

Amarcord giallorosso

Roma - Broendby, semifinale di ritorno della Coppa Uefa 90/91, l'atmosfera all'Olimpico era carica come non mai, stadio stracolmo e tifo appassionato come ai vecchi tempi. Penso che le sensazioni che provai quella sera non sarebbero state diverse se avessi assistito direttamente alla partita, a casa davanti la tv mi sentivo come ai lati del campo. Da giovane tifoso mai avevo visto la Roma arrivare cosi' in la', giocarsi un traguardo importante, la finale di una coppa europea. Erano gli anni del principe Giannini e del tedesco volante Voeller, ed io adolescente romanista, consapevole che situazioni cosi' importanti si presentano raramente, aspettavo sul divano un riscatto, una ricompensa per aver scelto di tifare Roma piuttosto che altre squadre piu' assidue alle vittoria. Allora seguivo con un certo trasporto il calcio, ma le cose cambiano come i divani e le tv. Quelli erano il primo divano in assoluto, e la prima tv a colori, mi ricordo che erano venuti insieme con la casa nuova. La tv ebbe una lunga vita (lode alla marca Sony), il divano fu vittima poco tempo dopo di un mio salto avventuroso sul bracciolo sinistro che si spezzo'. Entrambi li ricordo ora con una certa nostalgia.
All'andata risultato 0-0, si sapeva che per gioire ancora sarebbe stato necessario soffrire. Eppure le cose si erano messe per il meglio, nel primo tempo il gol di Rizzitelli sembrava spianare la strada. Poi nella ripresa la doccia fredda dell'autogol di Nela, il pareggio con gol qualificava la squadra danese. Inizia in quel momento un arrembaggio in area avversaria che definirei epico, il piu' emozionante che ricordi. Fino all'apotesi del minuto 42, cross dalla destra, la difesa del Broendby ribatte, tiro di Desideri centrale ma insidioso, il portiere Schmeichel respinge dinanzi a se', Voeller, il piu' veloce di tutti, allunga la gamba e batte in rete. Mentre lo stadio esplode, balzo giu' dal divano mi precipito di corsa in corridoio felice di piombare contro il muro che ho di fronte.
24/04/91, il mondo sembrava ancora tanto grande.

lunedì 22 novembre 2010

Italia - Svizzera

In Italia, sotto i Borgia, per trent'anni hanno avuto guerre, terrore, assassinii, massacri: e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù.
(Harry Lime, personaggio interpretato da Orson Wells, nel film Il terzo uomo)
Molto arguta questa battuta, sicuramente, immagino poi che sentita pronunciare da Orson Wells abbia ancora piu' fascino. Pero', giusto il tempo di leggerla, due secondi, e subito, messo gia' da parte l'orgoglio di essere nati in un paese cosi' ricco d'arte, iniziano a scattare altre riflessioni. Sia chiaro, non baratterei mai la Cappella Sistina o l'Ultima Cena, ma forse qualcosa, una minima parte, del nostro patrimonio artistico lo cederei se in cambio si potesse riscrivere la storia e cancellare quei mali che hanno infettato le vicende passate italiane e continuano a dilagare anche in epoca attuale.
Come spesso si sostiene, le lotte fratricide, gli interessi particolari, il "Franza o Spagna purche' se magna", hanno forgiato il carattere dell'Italia e degli italiani nei secoli, fino ai nostri giorni, in cui e' ancora valida la figura dell'italiano medio furbo, che disprezza le regole, che si lascia governare dal potente di turno salvo poi scaricarlo per qualcuno ancora piu' potente. Il potere temporale della chiesa, le signorie e la cultura umanista, hanno prodotto capolavori di inestimabile valore, come rovescio della medaglia hanno bloccato il progresso civile di un popolo, a 150 anni dall'unita', ancora profondamente diviso nella politica e nella societa'. Vorrei vivere in una nazione un po' meno bella ma organizzata in uno stato piu' moderno, giusto ed efficiente.

venerdì 19 novembre 2010

Surrealisti a Perugia

Occasione importante, per chi vive a Perugia e dintorni, per vedere vicino casa grandi maestri del surrealismo come Dali', Magritte, e Miro'. Alla Galleria Nazionale dell'Umbria e' allestita, fino al prossimo 9 gennaio, la mostra Teatro del sogno da Chagall a Fellini. L'intento della mostra e' quello di raccogliere gli artisti che piu' significativamente hanno espresso il mondo dei sogni e dell'inconscio in genere, non solo nello specifico del surrealismo e della pittura. Infatti e' dato un importante spazio anche all'arte contemporanea e soprattutto al cinema. Fra l'altro il percorso che il visitatore compie si conclude con Fellini, di cui sono esposti vari disegni, alcuni di questi tratti dal famoso Libro dei sogni, e di cui sono proiettati spezzoni dei suoi film piu' onirici. Fra questi mi e' capitato di vedere Boccaccio 70 con le scene della gigantesca (in tutti i sensi) Anita Ekberg, sogno ed insieme incubo del povero dottor Antonio...
Ritornando alla pittura, ho apprezzato particolarmente Magritte (uno dei miei favoriti) insieme a De Chirico e Ernst. Riporto qui sotto una Piazza d'Italia di De Chirico (dovrebbe essere effettivamente quella della mostra ma non ne sono sicuro...).

giovedì 18 novembre 2010

The social network

David Fincher, regista di film culto come Seven e Fight Club, si cimenta nella sua ultima opera nel racconto della storia di uno dei personaggi dei nostri tempi, David Zuckerberg, il padre del fenomeno Facebook, il colosso dei social network con oltre mezzo miliardo di iscritti (al momento).
Il film e' la biografia dell'ascesa di Zuckerberg, dalla creazione del primo Facemash (una raccolta "hackerata" delle immagini delle studentesse di Harvard) fino alla causa milionaria in cui viene accusato di aver copiato l'idea di Facebook da altri studenti. Il film procede con buon ritmo e tiene sempre viva l'attenzione dello spettatore, anche grazie alla buona colonna sonora, ma non offre spunti originali o invenzioni narrative, volendo prima di altro assolvere la funzione meramente biografica.
Non facendosi troppe aspettative pensando alla filmografia del regista, e' un film che comunque consiglio di vedere, anche a chi non e' interessato a Facebook o addirittura lo detesta. Da apprezzare sicuramente il tema della solitudine, Zuckerberg cerca di fuggire da essa sulla spinta delle proprie ambizioni, ma nella scena finale vediamo che ne e' ancora vittima. Se ci isoliamo dal protagonista e dalle sue vicende possiamo anche vedere altro pero', un intero mondo, quello universitario americano, che vive e pulsa cullando in se' sempre nuove idee. Da questo film abbiamo un'ulteriore conferma che il modello americano promuove gli studenti intraprendenti, esortandoli a raggiungere obiettivi pratici anche tramite l'interazione sociale con gli altri. Tra l'universita' ed il mondo lavorativo sembra non esserci quell'abisso che invece riscontriamo nel nostro paese.

mercoledì 17 novembre 2010

Sulle strade (e sul film) di Barney

Saltellando tra un canale tv e l'altro mi e' capitato di vedere la presentazione di un saggio di Christian Rocca, giornalista del "Sole 24 ore", dal titolo "Sulle strade di Barney". L'autore parla del suo viaggio in Canada sulle tracce di Barney Panofsky, personaggio del noto romanzo "La versione di Barney". Il personaggio e' fantastico ma essendo una specie di alter ego del suo inventore Mordecai Richler (morto nel 2001) e' stato possibile "incontrarlo" nelle parole del figlio e dei suoi conoscenti, esplorando i luoghi da lui vissuti. Sara' riuscito Rocca a capire finalmente se tutto Barney e' una copia autobiografica di Richler oppure solo una parte?
Ho letto il romanzo qualche anno fa, non mi ricordo molto della trama veramente ma ho ancora ben presenti i tratti caratteristici di Barney, persona cinica e sarcastica, che non si fa scrupoli a mettere in risalto la nuda verita', a discapito del "politicamente corretto" che solitamente ci contraddistingue nei rapporti con amici e familiari. Con grande sorpresa ho scoperto che e' stato girato un film ispirato al romanzo, presentato all'ultimo festival del cinema di Venezia. Devo capire quando uscira' cosi' avro' occasione di fare un ripasso. Da notare che la fase del libro ambientata a Parigi nel film e' stata trasferita a Roma... forse un omaggio all'Italia, paese in cui, oltre al Canada, "La versione di Barney" ha avuto maggiore successo.

La scheda del saggio di Rocca su ibs.it

La scheda del film su mymovies.it

martedì 16 novembre 2010

La birra di Berlino

   "For a quart of ale is a dish for a king" (William Shakespeare, The Winter's Tale)
Viaggiare all'estero permette di conoscere le abitudini degli altri popoli anche in fatto di cibo e bevande. Una piacevole scoperta della vacanza dell'estate scorsa a Berlino e' stata la Berliner Weisse, tipologia di birra legata alla capitale tedesca ed ai suoi dintorni. Se in passato numerose erano le birrerie che la producevano, allo stato attuale ne esistono solo due, riunite in un'unica societa' ed un unico marchio: Berliner Kindl Weisse. 
L'ho provata in bottiglia, acquistata in un chiosco di bevande ad Alexander Platz, ed in un ristorante vicino al Check Point Charlie servita nel classico bicchiere a coppa con il quale solitamente viene degustata. Si tratta di una birra di frumento dal basso tenore alcolico (3% circa) con la caratteristica di essere particolarmente acidula (pH = 4) grazie all'aggiunta di lattobacilli nei lievito. E' una birra quindi rinfrescante adatta al periodo estivo, da bere semplice ho con l'aggiunta di sciroppo. Non sorprendetevi quindi se a Berlino vi capitera' di sentire ordinare una "bianca rossa" o una "bianca verde", nel primo caso si vorra' bere una weisse (bianca) con sciroppo di lampone, nel secondo con sciroppo di asperula (una pianta erbacea con fiori bianchi, come wikipedia ci insegna...).
Berliner Weisse, mi piacerebbe un giorno trovarti negli scaffali del supermercato sotto casa (non badare ai miei conoscenti a cui ho concesso l'onore di assaggiarti e che ti hanno disprezzato perche' troppo acida)!

lunedì 15 novembre 2010

Eccomi qui, tra un calendario di Hokusai ed una bottiglia d'acqua adatta all'alimentazione dei bambini, strizzo l'occhio ad internet e, affacciandomi da una stanza dalle pareti color zenzero, provo un senso come di vertigine e di sollievo... preparatevi, voi ciechi a queste parole, a celebrare con me la noia, il sentimento piu' umano che esista! (inizia cosi' la storia di questo blog, raccolta quotidiana di distrazioni in scatola).