martedì 31 maggio 2011

Whiskey in the Jar

Canzone folk irlandese, Whiskey in the Jar ha raggiunto la massima celebrita' grazie all'interpretazione che ne e' stata fatta dai Metallica nel 1998 (la band vinse anche un Grammy per il migliore pezzo hard rock nel 2000). La versione dei Metallica in realta' fu una cover, seppure rivista con toni piu' heavy, della canzone di successo dei Thin Lizzy dei primi anni '70. Fra le due versioni non esistono in pratica differenze di testo, come vedremo piu' avanti. La band "classic rock" irlandese realizzo' con Whiskey in the Jar uno dei suoi pezzi piu' famosi, paragonabile ad altri brani quali Jailbreak e The Boys Are Back in Town. Andando un decennio piu' indietro, gli amanti del folk irlandese ebbero modo di apprezzare le varie registrazioni di Whiskey in the Jar eseguite dai Dubliners, lo storico gruppo di musica tradizionale irlandese che inizio' a farsi conoscere suonando nei pub di Dublino. Ovviamente, procedendo ancora piu' lontano nel tempo, piuttosto che nelle incisioni troviamo testimonianze della canzone nella cultura musicale, orale e scritta, popolare. 
La datazione delle origini non e' precisa, genericamente pero' e' plausibile parlare del XVII secolo come periodo di riferimento. A quell'epoca infatti e' documentata la diffusione di ballate che narravano di banditi di strada ("highwaymen") che derubavano gli inglesi, funzionari, ufficiali o ricchi proprietari terrieri, e che per questo venivano visti favorevolmente dai ceti piu' umili. La citazione dello spadino ("rapier") nel testo, inoltre, confermerebbe questa ipotesi temporale. Per gioco mi sono divertito in una traduzione senza pretese del testo della versione dei Metallica che riporto qui sotto.

Mentre stavo attraversando le montagne di Cork e di Kerry,
Vidi il capitano Farrell che stava contando il suo denaro,
Prima gli mostrai la pistola e poi gli mostrai la spada,
E dissi "Fermo e sgancia o il diavolo potrebbe portarti via"

Yeah

Presi tutto il suo denaro e fu un bel bottino
Presi tutto il suo denaro, yeah, e lo portai a casa da Molly
Lei giuro' che mi avrebbe amato, no, non mi avrebbe mai lasciato
Ma il diavolo prese quella donna, yeah, non sapete quanto bene mi inganno'

Possa piovere se son forte,
A mio padre questa notte,
A mio padre questa notte,
c'e' ancora whiskey nella botte

Stanco ed ubriaco me ne andai nella camera di Molly
Portando con me il denaro mai avrei immaginato il pericolo
Dopo circa sei o forse sette ore di cammino, yeah, era piombato li' Farrell
Saltai in aria, feci esplodere le mie pistole, e lo centrai con entrambi i colpi, yeah

Possa piovere se son forte, yeah-yeah
A mio padre questa notte,
A mio padre questa notte,
c'e' ancora whiskey nella botte

Yeah, whiskey
Yo-ooh, whiskey

Yo-ooh, yeah, ooh
Yo-oo-ooh, yeah

Ora ad alcuni piace la pesca e ad altri piace la caccia
Ed a qualcun altro piace ascoltare, ascoltare il rombo dei cannoni
A me piace dormire, specialmente nella camera della mia Molly
Ma qui sono in prigione, qui sto legato ad una palla ed una catena, yeah

Possa piovere se son forte, yeah-yeah
A mio padre questa notte,
A mio padre questa notte,
c'e' ancora whiskey nella botte, yeah

Whiskey nella botte, yeah

Possa piovere se son forte
Possa piovere se son forte, hey
Possa piovere se son forte
Possa piovere se son forte
Yeah


Ovviamente il ritornello, dato il suo carattere astratto che fa leva sul suono delle parole piuttosto che sul loro significato ("Musha rain dum-a do dum-a da") e' stato liberamente interpretato e messo in rima (piu' o meno). Notare che il verbo "rain" compare solo nel testo dei Metallica, la versione dei Thin Lizzy riporta "ring" e fra l'altro se ne differenzia solo per questo. Le versioni tradizionali sono piu' varie, sia riguardo i termini geografici (comunque tutti relativi all'Irlanda meridionale) che i nomi propri delle persone. La trama e' semplice e ben delineata in ogni versione, a parte pochi dettagli: il protagonista, in viaggio, incontra il capitano Farrell (o colonnello Pepper) e lo deruba dei suoi soldi; con il bottino torna dalla propria donna Molly (o Jenny), amante o moglie non sappiamo; questa pero' lo tradisce, mandando a chiamare lo stesso capitano che, arrivando nella notte, lo sorpende nel sonno e lo fa arrestare. I Metallica ed i Thin Lizzy ci raccontano che il brigante riesce a sparare e colpire Farrell, quindi immaginiamo che subito dopo venga bloccato dalla guardie che accompagnavano quest'ultimo. Nello stesso testo, una volta in prigione, rimpiange le dolci languidezze dei momenti passati trascorsi con la sua Molly, nonostante l'inganno compiuto da lei (facendocela pensare qui piu' ad un'amante quindi che ad una moglie).
Il testo originale aggiunge qualcosa in piu'. Il protagonista non riesce a sparare perche' le canne delle sue pistole sono state riempite d'acqua da Molly. In prigione auspica l'intervento di un suo compare che possa liberarlo. Rimpiange non Molly in particolare, ma tutte le fanciulle che si dilettava a corteggiare. E oltre a queste, curiosamente per un brano che porta il whiskey nel titolo, il succo d'orzo ("juice of the barley"), vale a dire la birra. Insomma, una canzone da ascoltare per la sua ironica leggerezza e come opportunita' per avvicinarsi al folk irlandese, genere che testimonia l'allegria e la vivacita' di un intero popolo.

giovedì 26 maggio 2011

Irlandese ma italiana

Una rossa irlandese... potrebbe essere la sintetica descrizione di una tipica ragazza di Dublino o di Cork, capelli rosso acceso e magari abbondanti lentiggini. In alternativa potremmo stare a parlare di una red irish ale come ad esempio lo e' la McFarland, birra rossa prodotta in Italia ma secondo una ricetta originale della Murphy Brewery Ireland Ltd, nota casa brassicola irlandese, appartenente ora alla multinazionale Heineken. La McFarland e' una ale tradizionale, di medio tenore alcolico (5.6 ABV), dal caratteristico colore ambrato intenso, con riflessi ruggine. Come per le altre red irish ale anche per la McFarland il gusto principale e' il maltato dolce. Se deve infatti notare che l'usanza di produrre birra in Irlanda ha inizio addirittura duemila anni fa, presso le popolazioni celtiche. Successivamente, con la diffusione nell'isola del cristianesimo, e la nascita dei complessi monastici, furono i monaci a tenere viva la tradizione della birra nei secoli. L'uso del luppolo come amaricante non si realizzo' pero' prima del Settecento, quando inizio' a diffondersi anche in Irlanda (fino ad allora erbe quali la genziana erano impiegate per aromatizzare le ale). Questo spiega storicamente, quindi, la prevalenza del tono caldo del malto rispetto all'amaro del luppolo.
Genericamente parlando, il gusto di una red irish ale si puo' spingere fino al caramellato ed al "burroso", anche se l'amaro, pur secondario, e' sempre distintamente avvertibile (tanto da generare un piacevole contrasto). La McFarland, pur facendo parte della tipologia, se ne differenzia in quanto e' meno corposa ed ha un gusto piu' piatto. A livello olfattivo, come le altre, presenta chiari sentori maltati (anche mielati) e fruttati. La schiuma inoltre e' fine e compatta, accompagnata da un'effervescenza iniziale, che pero' tende a svanire presto. Un importante aspetto da sottolineare e' che l'amaro e' persistente, e che rimane in bocca una secchezza che ne facilita la bevibilita'. Non e' raro che, finita una bottiglia (da 33 cl, nella confezione da tre reperibile al supermercato), si passi rapidamente alla seconda, poiche' sembra piu' leggera di quanto sia effettivamente. L'etichetta e' inconfondibile, dentro un ovale con bordo verde e sfondo rosso, si stagliano i profili di tre levrieri bianchi affiancati. L'ovale e' diviso in due dal nome della birra, e la parte superiore contiene uno scudo con l'emblema irlandese per eccellenza, il trifoglio. Gli stessi levrieri bianchi sono riprodotti sul tappo. Per quanto riguarda le modalita' con cui gustarla, e' consigliata una temperatura di servizio fra i 9 ed i 12 °C, ed un bicchiere tipo "balloon", cioe' di forma tonda, poco aperto in cima.
Anche se andrebbe provata in cucina, ed io ancora non l'ho fatto, sembra che la McFarland sia ottima per la preparazione di alcuni piatti. Una ricetta appetitosa la abbina a carne di maiale e panna. La birra va aggiunta quando la carne e' ben rosolata da entrambi i lati, e la cottura terminata quando la salsa diventa sufficientemente densa. Per finire, volendo completare il panorama della categoria, riporto un breve elenco di altre prestigiose red ale irlandesi: la Smithwick's, fra le piu' "burrose"; la Kilkenny Irish Beer, invece piu' secca; la Beamish Red; la Murphy's Irish Red; la Molings Traditional Red Ale. Insomma, si tratta di una produzione vasta e diversificata, sebbene molti, fra le birre irlandesi, non conoscano altro che le scure stout come la Guinness.

giovedì 19 maggio 2011

Napoli

La sua immagine e' spesso oscurata da fatti poco piacevoli, tuttavia nessuno dovrebbe mai pensare a Napoli come a una citta' che non vale la pena visitare. Napoli e' una citta' piena di contrasti, difficile da decifrare, ma forse proprio questo contribuisce a creare quel fascino da cui e' impossibile non farsi catturare quando la si esplora. Prima delle bellezze architettoniche colpisce la collocazione geografica tutta particolare, che la fa apparire come una terrazza che si affaccia sul golfo antistante. Da una parte la solarita' del mare, dall'altra l'imponenza quasi angusta del Vesuvio che la domina dall'alto. E' una citta' su piu' livelli, il centro e' prevalentemente piano ma i quartieri periferici si sviluppano sulle alture circostanti. Ed inoltre e' una citta' dalle tante anime, da quella piu' popolare di Spaccanapoli, con i vicoli stretti ed panni stesi da un muro all'altro a quella piu' borghese dei quartieri eleganti come il Vomero.
Ai viaggiatori che si accingono a recarsi nella citta' partenopea consiglio l'uso del treno per arrivare alla stazione centrale. Come alloggio suggerisco la Bovio Suite, un bed and breakfast situato in un appartamento di un palazzo in piazza della Borsa, all'estremita' di corso Umberto I. Siamo proprio nel centro di Napoli, a breve distanza dalla stazione che e' situata all'altro capo del "rettifilo" (cosi' come e' comunemente chiamato corso Umberto I). La Bovio Suite, oltre ad essere una struttura ricettiva con conveniente rapporto qualita'-prezzo, e' quindi un punto ottimale da usare come base per visitare la citta'. 
Appena arrivati in stazione, l'uscita non e' certo gradevole, in quanto ci si ritrova nell'antistante piazza Garibaldi e si viene subito a contatto con alcuni dei lati peggiori di Napoli: il traffico caotico, i cantieri aperti, la difficolta' dei movimenti pedonali. Non scoraggiatevi e con un po' di pazienza raggiungerete la stazione degli autobus nel mezzo della piazza. Prendete il primo autobus che percorre il "rettifilo" e, nello spazio di poche fermate, sarete ai piedi del palazzo del vostro alloggio. All'epoca della mia visita dei lavori in corso riguardavano anche piazza della Borsa, ora pero' che la stazione della metropolitana e' stata ultimata (si tratta della stazione "Universita'" della linea 1) la piazza e' tornata priva di cantieri, arricchita dalla statua equestre di Vittorio Emanuele II. Il palazzo della Borsa, su un lato della piazza, sede attualmente della Camera di Commercio, e' una testimonianza del processo di "risanamento" voluto dal nuovo stato unitario italiano alla fine del secolo XIX. Come corso Umberto I e gli edifici situati lungo tale asse, il palazzo della Borsa fu costruito dove prima esistevano vicoli malsani, secondo un progetto che voleva dare lustro all'operato dello Stato da poco sorto e cancellare il passato borbonico. La citta' trasse beneficio dal "risanamento" anche se e' chiaro che fu piu' che altro un'operazione di facciata, in quanto la ristrutturazione interesso' un'area molto limitata. Tornando a piazza della Borsa, da citare, come curiosita', la storia della fontana del Nettuno, spostata in piu' punti della citta' nel corso dei secoli. In particolare, prima che iniziassero i lavori per la metropolitana la fontana del Nettuno si trovava appunto in piazza della Borsa, poi, quasi a sorpresa, nel 2001, riapparve in via Medina, a due passi da piazza del Municipio, dove era gia' stata a lungo in passato. 
Con una rapida passeggiata dalla fontana del Nettuno si raggiunge facilmente un'altra fontana, ben piu' famosa, la cosiddetta Fontana del Carciofo in piazza Trieste e Trento. Il nome deriva dal fatto che una vasca minore e' contenuta dentro una vasca piu' grande (l'acqua che zampilla dalla prima si getta sulla seconda). Qui siamo nel salotto di Napoli, e possiamo ammirare, l'uno di fronte all'altro, il teatro San Carlo e la galleria Umberto I. Il settecentesco teatro San Carlo, destinato all'opera lirica, e' un'autentica meraviglia e per realizzare al meglio il suo valore andrebbe visitato internamente. La galleria commerciale Umberto I, anch'essa frutto del "risanamento" di fine Ottocento, e' sempre trafficata ed esprime al massimo la vitalita' della citta'. Si compone di due strade che si intersecano al centro, coperte da una cupola in ferro e vetro che svetta su tutte le costruzioni circostanti. Si puo' approfittare della galleria per una sosta dedicata a un caffe', ma ancora meglio sarebbe tornare in piazza Trieste e Trento per entrare al Gambrinus, punto di ritrovo storico di Napoli. Costruito subito dopo l'arrivo di Garibaldi, divenne presto l'emblema della nuova Napoli, frequentato da intellettuali e uomini politici, ma anche da cittadini qualunque. Con le decorazioni in stile Liberty e le testimonianze degli artisti che lo frequentarono rappresenta qualcosa di piu' di un semplice caffe'. Entrarci e' come fare un tuffo nel passato rivivendo la Belle Epoque. Notevole la varieta' di tipologie di caffe' che si possono scegliere. Motivo di vanto del locale sono ovviamente anche i tipici dolci napoletani baba', sfogliatella e pastiera. 
Piazza Trieste e Trento, pur nella sua bellezza, assume un'importanza secondaria se confrontata con la piazza principale, la famosa piazza del Plebiscito, di cui in effetti costituisce una specie di porta di accesso. Piazza del Plebiscito stupisce per la sua grandezza, tanto che provoca smarrimento una volta che si e' nel mezzo. Si e' rapiti dallo spazio e dalla luce e le deformazioni della prospettiva ingannano. Non saprei in che modo ma si avverte la percezione netta che il mare non e' lontano: non lo posso vedere ma so che incombe a pochi metri. La piazza non e' chiusa, ma delimitata, su due lati opposti, dal Palazzo Reale e dalla Basilica di San Francesco da Paola. Il palazzo, costruito nel Seicento per ospitare i vicere' degli allora dominatori spagnoli, divenne poi residenza reale dei Borbone di Napoli nel lungo periodo del Regno delle Due Sicilie (1734-1861). Ma la basilica, maggiore esempio italiano di chiesa in stile Neoclassico, e' la protagonista assoluta della piazza. All'inizio del secolo XIX, fu prima costruito l'ampio porticato a forma di emiciclo durante il governo francese di Gioacchino Murat, in seguito, con il ritorno dei Borbone, il corpo della basilica. Esternamente questo si presenta con un ingresso in stile tempio greco-romano sormontato da un timpano, e con tre cupole di cui quella centrale, piu' grande, poggia su un alto tamburo.
Ancora una passeggiata, in discesa attraversando il quartiere di Santa Lucia, e ci si trova davanti Castel dell'Ovo. La fortificazione, che dispone di diverse torri, e' arroccata su un isolotto che si sporge sul golfo. Ai suoi piedi esiste infatti un porticciolo. L'ubicazione di Castel dell'Ovo permette di avere, dal posto, uno splendido panorama sul mare. Posillipo, Capri e, ovviamente, il Vesuvio, sono immediatamente riconoscibili. Anche se esistente da epoca piu' remota come villa piuttosto che come fortificazione, la struttura difensiva comincia a delinearsi nel medioevo, nel periodo in cui Napoli venne conquistata dai Normanni, per poi perfezionarsi ulteriormente sotto gli Svevi e quindi gli Angioini. Successivamente piu' che fortezza fu prigione: in essa vennero tristemente reclusi rivoluzionari ed oppositori dei vari domini di turno. Con l'avvento degli Angioini la residenza reale divenne infatti Castel Nuovo, detto anche Maschio Angioino, il momumento tuttora piu' famoso di Napoli tanto da costituirne il simbolo. Anche Castel Nuovo si affaccia sul mare, ma rispetto a Castel dell'Ovo ha l'aspetto piu' di reggia che di semplice costruzione difensiva. Voluto da Carlo I D'Angio', sotto i re angioini a lui successori si rafforzo' e divenne centro di cultura, ospitando artisti e letterati. Fu pero' anche severamente danneggiato da vari attacchi, tanto che l'aspetto attuale si deve alla ricostruzione avvenuta in seguito con gli Aragonesi. Se non avete tempo per una visita approfondita all'interno, fermatevi almeno davanti all'ingresso ed ammirate, fra le due torri, l'arco di trionfo in marmo, capolavoro non da poco. Con l'annessione del regno di Napoli a quello di Spagna, Castel Nuovo diventa un presidio militare, oltre che residenza momentanea per il sovrano spagnolo quando capitava in citta'. I Borbone contribuiscono a ristrutturarlo e mantenerlo fino a noi. Oggi, fra l'altro, ospita anche il museo civico di Napoli.
Se dopo questi giri avete ancora un po' di energia nelle gambe, tornate a Piazza Trieste e Trento e da li' indirizzatevi a via Toledo, dove potrete fare shopping. Sia per la qualita' dei negozi che per il clima che si respira (piu' a misura d'uomo), Via Toledo e' piu' indicata agli acquisti ed al relax rispetto al sopracitato corso Umberto I, l'altra grande arteria della citta'. Al termine di Via Toledo troverete piazza Dante, importante non solo perche' punto nevralgico dei trasporti cittadini, ma anche per la presenza di alcune chiese e, soprattutto, del Foro Carolino. Costruito dal Vanvitelli in omaggio a Carlo III di Borbone, e' un complesso ad emiciclo sormontanto, ai lati, da statue raffiguranti le virtu' del re, al centro da una torretta con orologio. A piazza Dante e' difficile annoiarsi, dato il movimento di gente e la probabile presenza di bancarelle o mercatini. Per godere di una visuale di Napoli diversa, una buona idea e' servirsi della funicolare che, dalla stessa Via Toledo, conduce alla collina del Vomero (il sistema dei trasporti a Napoli e' molto articolato). Una volta in cima le opzioni sono diverse: mangiare in uno dei tanti ristoranti del quartiere, visitare Castel Sant'Elmo oppure la Certosa di San Martino. Una meta piu' insolita, ma non da trascurare, potrebbe essere Villa Floridiana con relativo parco. Sentieri tortuosi attraversano boschetti e giardini, poi, quasi all'improvviso, gli spazi si aprono verso una terrazza che offre un panorama sulla citta' tra i piu' belli. 
Se il vostro soggiorno, a questo punto, sta finendo (le mie due giornate sono passate velocemente), non potete pero' partire se non avete ancora visitato la "vera" Napoli, ovvero Spaccanapoli e dintorni, il cuore popolare della citta'. Da non mancare via San Biagio dei Librai (che insieme ai Quartieri Spagnoli forma il Decumano inferiore) e la parallela via dei Tribunali (il Decumano maggiore). Le due vie sono congiunte trasversalmente da via San Gregorio Armeno, la via dei presepi, con le botteghe artigianali che fabbricano presepi e statuine ogni giorno dell'anno. Se capitate abbastanza prima di Natale, eviterete l'eccessivo affollamento che rende la strada impercorribile e godrete comunque dell'atmosfera di festa. Se ve la sentite di spendere qualche decina di euro per una statuina, acquistate come souvenir da riportare a casa il presidente Barack Obama o l'azzurro Fabio Cannavaro che stringe la Coppa del Mondo. Sempre nella zona merita una rapida visita il Duomo di San Gennaro, il patrono della citta', autore del noto miracolo della liquefazione del sangue, che si ripete ogni anno. All'interno della cattedrale, la barocca Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro, con le reliquie del santo, sulla destra, e' ricca di ornamenti, marmi e dipinti. Una tappa obbligata e' una sosta presso una delle tante pizzerie, ad esempio "Di Matteo" lungo via dei Tribunali. La pizza napoletana ha caratteristiche proprie che la distinguono da tutte le altre: l'impasto e' morbido ed elastico, non troppo cotto; la pizza si presenta alta ai bordi, meno al centro ma mai sottile. Gli unici ingredienti ammessi come condimento sono pomodoro e mozzarella, oltre a questi al limite si aggiungono le acciughe. Nelle pizzerie dove la pizza e' acquistata per essere mangiata per strada spesso viene servita "a libretto", cioe' piegata in quattro lembi sovrapposti per essere afferrata meglio.
Prima di prendere il treno per il ritorno, concedetevi infine una o piu' sfogliatelle nella pasticceria all'angolo di piazza Garibaldi, di fronte alla stazione, non e' complicato trovarla (dovrebbe chiamarsi "F.lli Attanasio"). Un vassoio, con gusti assortiti, vi potra' tenere compagnia durante il viaggio verso casa. Chiudo con alcune considerazioni e osservazioni varie: e' stupefacente la rassegnazione ed il fatalismo delle gente che aspetta l'autobus del sabato, che potrebbe passare ma anche no, a discrezione credo dell'autista o di chissa'  quali altri incogniti fattori; se poi l'autobus passa, salite e vi fate riconoscere che siete turisti, soprattutto da come tenete stretta la vostra borsa, qualche passeggero del posto ci terra' ad informarvi su usi e costumi dei borseggiatori nella zona, cercando, nello stesso tempo, di rassicurarvi; i ristoratori potrebbero essere furbi con voi turisti applicando dei prezzi esagerati, ad esempio, ad un piatto con si' molti paccheri ma altrettanto poco pesce; se, involontariamente, assumete un atteggiamento che potrebbe far pensare che siete voi che volete fare i furbi, verrete redarguiti senza tanti giri di parole (con in mano lo scontrino per una sfogliatella semplice, volevo farmene dare una al limone, ignorandone il costo maggiore...); a parte all'arrivo ed alla partenza, quando non potete fare a meno di passarci, evitate i dintorni della stazione, potreste capitare in zone affollate di gente disperata, accampata per strada, nella sporcizia e nel degrado piu' assoluti (nessuno mi ha infastidito ma la scena, da paese non civilizzato, mi ha fortemente impressionato).

Piazza Trieste e Trento
Piazza del Plebiscito
Panorama del Vesuvio da Castel dell'Ovo
Castel Nuovo (Maschio Angioino)
Panorama dal Vomero
Duomo di San Gennaro
Via San Gregorio Armeno

giovedì 5 maggio 2011

Il Ponte della Musica

Il regalo di compleanno verra' consegnato in ritardo di un mese. Il nuovo ponte di Roma, il Ponte della Musica, doveva essere inaugurato lo scorso 21 aprile, ricorrenza della fondazione della citta', l'amministrazione comunale ha poi rinviato al 21 maggio, ufficialmente per dare maggiore risalto all'evento (date le numerose ulteriori iniziative programmate per la festa della capitale). Lo slittamento in realta' servira' anche a completare il ponte, dato che ancora il cantiere e' operativo. Immaginiamo che stiano procedendo con gli ultimi internenti di finitura e di collaudo. Nulla di serio quindi, il ponte c'e' e puo' essere gia' ammirato dall'esterno, rispetto a note storie di tante altre opere pubbliche, questa non si presta a generare polemiche. In fondo e' stato realizzato in soli tre anni, nulla rispetto ai tempi biblici che spesso si riscontrano nel settore delle costruzioni. Certo il ponte in questione non e' di una complessita' estrema come esecuzione, inoltre alcuni rallentamenti, seppure minori, ci sono comunque stati (imputati ad interruzioni dei lavori durante le piene del Tevere capitate negli anni passati). 
Anche a proposito dei costi sembra non ci siano stati dibattiti rilevanti, gli 8 milioni di euro spesi a quanto pare rientravano nel budget previsto. Inoltre, l'attuale sindaco Alemanno, pronto a schierarsi contro gli architetti stranieri ed i loro progetti romani (vedere il muro della teca dell'Ara Pacis di Meier che il sindaco dichiarava di voler abbattere), non ha espresso critiche in questo caso (il progetto e' dello studio inglese Buro Happold famoso fra l'altro per aver concepito il Millenium Dome di Londra). Nonostante potesse essere incitato a farlo considerando che l'idea del ponte nasce e si realizza sotto i precedenti due sindaci di schieramento politico opposto. Infatti Rutelli apri' il concorso internazionale nel 1999, Veltroni ne segui' l'appalto e l'iter successivo. Polemiche potevano esserci anche per quanto riguarda il nome, volendo, ma il nome originale e' rimasto nel corso degli anni e pare che sara' quello definitivo. 
Per capire come mai si e' pensato di dedicare il ponte all'arte musicale, occorre conoscere la sua posizione. Scopo dell'opera sara' collegare il lungotevere Flaminio con il lungotevere Maresciallo Cadorna, ovvero i due quartieri Flaminio e Delle Vittorie. Da una parte quindi il recente museo MAXXI della Hadid e l'Auditorium di Piano, dall'altra il Foro Italico nella sua zona piu' meridionale, occupata dalla Casa della Scherma di Moretti. Il nome scelto e' piu' che altro un omaggio all'Auditorium quindi. Forse sarebbe stato piu' giusto battezzarlo "Ponte dell'Arte", a richiamare, complessivamente, le arti figurative e la musica di una sponda e l'architettura razionalista della sponda opposta. Anche perche' a Roma attualmente c'e' un secondo ponte in lavorazione, in zona Ostiense, che sara' detto "Ponte della Scienza" (e "scienza" e' pure un termine generico che racchiude diverse discipline). Discorsi teorici a parte, e' chiaro che l'inaugurazione di un ponte rappresenta un avvenimento importante che non capita frequentemente, destinato a cambiare la fisionomia di un paesaggio e le abitudini quotidiane di migliaia di persone. Il precedente ponte costruito sul Tevere, all'interno della citta' di Roma, e' stato il ponte Nenni, detto anche ponte della metropolitana, che risale in effetti agli anni 1971-1972. 
Andando piu' in dettaglio sulle caratteristiche, il Ponte della Musica si differenziera' da tutti i ponti che lo hanno preceduto sia per il suo linguaggio contemporaneo (elemento non da poco, sappiamo che in una citta' come Roma espressioni architettoniche all'avanguardia non trovano spazio), che per la sua apertura esclusiva ai pedoni ed al trasporto pubblico. Inizialmente passeranno bus elettrici, in un futuro, purtroppo lontano credo, vi sara' il passaggio di una linea di tram, seguendo un piano che prevede di intensificare i collegamenti di superficie nella zona (possiamo dare per scontato che lo sviluppo della metropolitana, seppure in atto, non raggiungera' mai grossi livelli di capillarita'). Il timore, per la fase attuale, e' che possano essere concessi permessi speciali di passaggio a taxi e vetture private, che si aggiungerebbero al traffico dei bus elettrici. Cio' sminuirebbe, almeno in parte, la vocazione per cosi' dire ecologica della struttura. Vedremo, con il futuro utilizzo, quali saranno i benefici effettivi sulla mobilita', non e' dubbio comunque che due quartieri, finora isolati l'uno con l'altro (tra il ponte Duca d'Aosta ed il ponte  Risorgimento intercorre un chilometro e mezzo), in seguito lo saranno meno. Del resto gia' dal Piano Regolatore del 1916 si sottolineava la necessita' di un ponte fra i due quartieri. L'intento di avvicinare le due parti della citta' fra loro e quindi al Tevere e' palese anche per il fatto che saranno previste due piazze pedonali ai due estremi e che si avra' la possibilita' di discesa diretta al piano del fiume. 
Tecnicamente parlando il ponte e' a campata unica ed e' costituito da due archi di acciaio che sostengono un impalcato pure di acciaio. I due archi poggiano su sostegni di calcestruzzo coprendo una luce di 160 metri (la lunghezza complessiva del ponte e' invece di 190 metri). La particolarita' e' che i due archi (verniciati di bianco come la struttura che regge la copertura del vicino Stadio Olimpico) non sono paralleli ma inclinati verso l'esterno, questo comporta che in pianta il ponte abbia l'aspetto di una foglia ovale (larga al centro e stretta agli estremi). Inoltre l'impalcato e' piuttosto basso (solo un metro e mezzo), quindi il tutto contribuisce a dare allo spettatore una percezione di leggerezza e di eleganza. Visto lateralmente, cioe' non dal fiume ma dalla strada, si osservano, come nella prima foto sotto riportata, le tre corsie. Quella centrale, gia' asfaltata, riservata al passaggio dei mezzi, le due laterali piu' strette, pavimentate con i mattoncini, per i pedoni (notare che i mattoni potrebbero richiamare, anche come colore, le superfici esterne dell'Auditorium). Nella stessa foto si nota inoltre che i parapetti sono stati montati, non possiamo invece vedere i sampietrini nelle aree di accesso al ponte che comunque gia' sono stati messi in opera. La seconda foto mostra un panorama dal ponte Duca d'Aosta dove si puo' apprezzare l'impatto suggestivo del ponte, moderno e nello stesso tempo equilibrato. La migliore visuale e' pero', secondo me, quella di tre quarti, in quanto si cattura in misura maggiore la dimensionalita' degli archi (terza foto).