mercoledì 23 marzo 2011

Cinque Terre e altro

Sito patrimonio dell'umanita' e parco nazionale, le Cinque Terre, nella riviera ligure di levante, offrono uno spettacolo, paesaggistico e naturale, in grado di emozionare il visitatore. Chi ha un fine settimana libero e non sa come impiegarlo, dovrebbe tenere in considerazione la scelta di recarsi alle Cinque Terre, nel caso non le conoscesse ancora. Un paio di giorni sono piu' che sufficienti per esplorare la zona, anzi consentono di visitare anche Porto Venere, che e' situata a meta' strada fra La Spezia e le Cinque Terre. La soluzione forse piu' pratica, da un punto di vista logistico, consiste nel prendere un alloggio a La Spezia e da li' spostarsi verso le destinazioni scelte. Per muoversi all'interno delle Cinque Terre si e' quasi obbligati ad usare il treno, come e' facile intuire dalla conformazione geografica della riviera le strade non sono comode e gli spazi disponibili per i parcheggi scarsi. Occorrerebbe lasciare la macchina lontano e poi prendere gli autobus di linea che fanno servizio navetta in ciascuno dei cinque borghi. Il treno d'altra parte, e' molto piu' romantico e suggestivo, infatti la linea Sestri Levante - La Spezia opera notevole anche da un punto di vista ingegneristico (si sviluppa per piu' della meta' in galleria), segue la costa a poca distanza dal mare. Consiglio quindi l'acquisto della Cinque Terre Card Treno (dalla validita' di un giorno o anche di piu', a seconda delle esigenze) che permette di prendere il numero di treni che si desidera nella tratta Levanto - La Spezia. La carta inoltre comprende le agevolazioni della Cinque Terre Card base, vale a dire ingresso alla Via dell'Amore piu' a vari musei e siti pensati per i turisti (fra cui il museo dello Sciacchetra', particolare vino passito che e' diventato un simbolo della zona, ed il centro di salagione delle acciughe, altro prodotto tipico). Per quanto riguarda la scelta del posto dove pernottare sara' preferibile cercare una struttura vicina alla stazione ferroviaria di La Spezia, personalmente ho trovato il bed and breakfast Il Giardino in Citta', a circa un km di distanza (pulito e tranquillo, nulla di cui lamentarsi). Purtroppo La Spezia e' stata solo un punto di partenza e di arrivo, ho avuto modo di osservare, passando con la macchina, il porto e l'arsenale militare ma niente della citta' ha ricevuto visita approfondita (da rimandare quindi alla prossima occasione).
Dopo questa introduzione passo finalmente alla descrizione delle Cinque Terre, che hanno occupato l'intero primo giorno di gita. Dalla stazione di La Spezia raggiungo in pochi minuti la stazione di Riomaggiore, la prima, procedendo da est, dei cinque borghi che caratterizzano il parco. Riomaggiore si sviluppa in altezza preannunciando gli elementi tipici del paesaggio che vedro' anche in seguito: pendii ripidi, case strette ed ammassate, scogli e vegetazione che si contendono lo spazio. Il tempo di scattare le prime foto e di leggere alcune informazioni nella piazzetta proprio dietro la stazione e subito mi metto in cammino, bastano pochi passi e pochi gradini e mi ritrovo davanti l'ingresso della Via dell'Amore, forse la principale attrattiva turistica (o almeno la piu' famosa) delle Cinque Terre. La salita verso il centro di Riomaggiore e' scoraggiante, piu' amabile e dolce e' il noto sentiero, la folla di turisti, come me, non ha dubbi su dove rivolgersi. Il parco delle Cinque Terre e' provvisto di numerosi sentieri, per lo piu' di carattere montano, a diversi livelli di altezza, in molti casi simili a mulattiere adatte piu' all'appassionato di trekking che al comune turista. Il sentiero numero 2, che costeggia il mare, nel tratto tra Riomaggiore e Manarola e' invece lastricato e semplice da percorrere. Dotato di ringhiere e di panchine, e' il luogo ideale per le passeggiate degli innamorati, da qui quindi il nome di Via dell'Amore che gli e' stato assegnato. Risistemato di recente, presenta anche un ristorante lungo il suo tracciato. Curiosa la galleria in cui i riquadri di luce si proiettano sul pavimento a disegnare una sorta di striscia pedonale che vuole essere un omaggio alla copertina di Abbey Road dei Beatles. Numerosi i punti predisposti per l'osservazione, oltre al mare gli amanti della botanica possono ammirare specie arboree e floreali fra le piu' varie. In meno di trenta minuti si giunge gia' alla fine, nei pressi della stazione di Manarola. Attraversata una galleria pedonale si e' nel centro del paese e la Via dell'Amore e' oramai lasciata alle spalle. Manarola pare subito allegra e accogliente, complice anche un vivace mercatino ospitato presso la piazzetta. Si prosegue lungo la strada principale, che scende dolcemente verso il mare. Un negozio che vende pizze e focacce diventa il posto adatto per una sosta. E' qui che mangio la mia prima (e finora unica) "farinata": una torta salata molto sottile realizzata con farina di ceci (nel mio caso ricoperta di pesto!). Al termine della strada Manarola si affaccia sul mare, mare che puo' essere avvicinato e toccato scendendo lungo gli scogli, da li' durante un ulteriore sosta (che bello farsi riscaldare dal sole) si ha una vista d'insieme, dal basso verso l'alto, della seconda delle Cinque Terre. Nel pieno delle forze, e dell'entusiamo, si torna indietro verso la stazione, aspettando il prossimo treno per Vernazza. Come fanno in molti anch'io salto la terza terra, Corniglia, per arrivare direttamente alla quarta. Volendo scartare qualcosa per ragioni di tempo, inevitabilmente si sacrifica Corniglia che non ha uno sbocco sul mare (e' a 90 m di altezza).
Vernazza e' il piu' grande dei borghi (almeno mi e' apparso tale) e secondo il mio giudizio, il piu' bello e affascinante. Partendo dalla stazione, anche qui si scende verso il mare lungo la strada principale, pero' molto piu' ricca di negozi (e di gente) rispetto a Manarola. E alla fine della strada la vista e' ripagata da un'ampia piazza, su cui si affacciano case colorate e la chiesa di Santa Margherita d'Antiochia da un lato. Dall'altro lato le case si arrampicano su una vetta, dominata dal castello dei Doria. Di fronte, verso il mare, abbiamo invece il porto, le barche che navigano l'insenatura, il via vai di persone lungo i moli e gli scogli. Peccato per una improvvisa ma per fortuna breve pioggia che in parte rovina la visione. Nel tornare indietro verso la stazione si scoprono vicoli stretti che sanno di antico, con le pareti opposte collegate da un groviglio di archi che dominano le teste dei passanti. Il penultimo treno della giornata porta a Monterosso, la piu' occidentale delle Cinque Terre. Usciti dalla stazione in realta' ci si ritrova a Fegina, la parte moderna di Monterosso, a vocazione balneare (ci sono alberghi, ristoranti, ed una lungo spiaggia, la piu' grande delle Cinque Terre). Guardando verso il mare, che riempie un ampio golfo, sulla destra si nota la gigante statua del Nettuno, sulla sinistra la strada che porta alla Monterosso vecchia. Arrivati qui non si impiega molto a fare il giro del centro storico, passando davanti la medievale chiesa di San Giovanni Battista. Dopo cena, avvenuta presso un ristorante del lungomare, mangiando acciughe marinate e orata alla griglia, si prende l'ultimo treno, salutando le Cinque Terre si fa ritorno al bed and breakfast di La Spezia. 
Il giorno successivo, con il sole splendente, di primo mattino si raggiunge Porto Venere. La strada, sinuosa e panoramica,conduce proprio ai piedi del borgo, ma parcheggi ovviamente e' difficile trovarne, e' necessario proseguire allontanandosi un poco. Dirigendosi a piedi verso il centro si passa davanti la stazione dei traghetti, infatti nel periodo turistico Porto Venere e le Cinque Terre sono collegate via mare. Attraversando la porta di accesso al borgo,si taglia tutto il centro abitato per uscire all'estremita' opposta. Qui e' la parte piu' interessante, un promontorio si allunga verso il mare, dalla chiesa di San Pietro si osserva un panorama mozzafiato, da una parte le Cinque Terre, dall'altra l'isola di Palmaria prospicente Porto Venere ed il "Golfo dei Poeti". Vi sono resti di castelli e di antichi mulini, poi, a pochi passi, la grotta di Byron, un angolo di paradiso in cui terra e mare si fondono. Il fatto che poeti come Byron e Shelley ed altri vissero in questi posti a cavallo tra Settecento e Ottocento testimonia la bellezza ispiratrice di questa area della Liguria. A pranzo antipasto e frittura in uno dei vari ristoranti con terrazza allineati ai piedi del borgo, poi nel pomeriggio, per concludere in modo originale i due giorni di vacanza, salita in montagna a Zignano nell'Alta Val di Vara, natura incontaminata e boschi dall'aspetto selvaggio, credo poche regioni al mondo possano racchiudere mare e montagna entro cosi' brevi distanze!

Via dell'Amore


Via dell'Amore (dettaglio)
Manarola
Vernazza
Monterosso
Porto Venere
Porto Venere (chiesa di San Pietro)

mercoledì 16 marzo 2011

Foto da premier

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
(Dante, Purgatorio, vv. 76-78)
 
Chissa' cosa penseranno i posteri fra decine o centinaia di anni nell'osservare tale foto? Sicuramente proveranno vergogna e disgusto, piu' di quanto ne proviamo noi oggi, assuefatti ai peggiori comportamenti della nostra classe dirigente. Il gesto del bacio a Gheddafi, leader assai discutibile dal punto di vista morale e politico, va oltre un normale contesto di realpolitik. E' un gesto che non rientra nei necessari atti di diplomazia verso un paese, democraticamente debole, ma con il quale si vogliono condividere interessi economici. Come ben altre volte ha avuto occasione di dimostrare, il nostro premier non sa (o non vuole) distinguere fra forma e sostanza, tra pubblico e privato, esponendo alle telecamere scene che, pur ammesso che siano indispensabili, dovrebbero quantomeno essere tenute nascoste. E invece, nel solito delirio di onnipotenza, con noncurante faciloneria, si vanta dell'invantabile, divertendo se stesso ed illudendosi di divertire gli altri. Il baciamano a Gheddafi probabilmente e' solo questo, una provocazione, uno scherzo, un gioco, fatto da un premier intrattenitore, che giudica il decora istituzionale un impiccio, una roba d'altri tempi. Sono convinto che il godimento del premier e' doppio, a quello derivante dall'immediato provocato scalpore, segue poi quello legato alla constatazione di quanto il turbinio mediatico sia insistente nei giorni a venire. Non e' una scoperta che i giornali molto spesso parlino piu' del premier (e tutto cio' che fa o che gli accade intorno) che di argomenti "seri" di politica, economia o attualita'. Ad una persona cosi' fortemente malata di egocentrismo quale e' il premier, tutto cio' non puo' che non piacere. Spero, ma non ne sono convinto in tutto, che l'umile atto di sottomissione sia solo questo, uno dei tanti incidenti di cui si puo' sorridere (con amarezza) e non celi anche altro, voglio dire una specie di simpatia o ammirazione verso un dittatore che, abbiamo riscontrato di recente, non si fa scrupoli ad ordinare di sparare contro la popolazione civile. D'altra parte la volonta' di autoritarismo di Berlusconi, in lotta perenne contro la costituzione, la magistratura ed i giornali, e' sotto gli occhi di tutti, perche' stupirsi se davvero vedesse in Gheddafi un modello di leader (aggiungo che l'altro leader estero con cui Berlusconi e' in stretti rapporti e' Putin, esponenti delle democrazie occidentali sembrano non godere di altrettanti privilegi di amicizia con il nostro premier). Al di la' di questa ipotesi, quello che sappiamo con certezza, purtroppo, e' che esiste un trattato di partenariato fra Italia e Libia, firmato il 30 agosto 2008 a Bengasi. Nonostante le dichiarazioni di alcuni ministri italiani, annuncianti l'imminenza della sospensione del trattato a seguito delle recenti rivolte della popolazione libica (con conseguenti repressioni), il trattato e' tuttora in vigore e non e' noto se esistono le basi legali per sospenderlo o annullarlo unilateralmente. Pensiamo ad un eventuale (anche se molto improbabile allo stato attuale), intervento NATO in Libia, l'Italia si ritroverebbe impegnata con le forze alleate a combattere uno Stato sancito come "amico". Il trattato (gia' solo riflettere che si e' scesi a patti con uno Stato in cui sono bandite le piu' elementari liberta' civili mette i brividi) si divide, riassumendo, in due parti: nella prima viene risolto il contenzioso riguardante i danni procurati alla Libia durante la guerra coloniale (che vide la prima occupazione della Libia nel 1911 sotto il governo Giolitti, la definitiva conquista e trasformazione in colonia nel 1931 in piena epoca fascista) e la successiva guerra mondiale (in cui la Libia, le cui province settentrionali erano state nel frattempo annesse direttamente al regno, combatte' al fianco dell'Italia); nella seconda si rinsalda la cooperazione economica fra le due parti e si gettano le basi per ulteriori iniziative future. In pratica in cambio del risarcimento italiano (che significa anche vittoria del muammar e accresciuto prestigio del regime, da celebrare con la retorica propagandistica) la Libia rinnova all'ENI la garanzia di estrarre dai suoi giacimenti petrolio e gas naturale per i prossimi decenni (la Libia ovviamente si impegna anche ad acquistare forniture militari, per le quali l'Italia gia' e' il principale esportatore verso il paese africano). Ma, esattamente, in che cosa consiste il risarcimento? Forse si e' piu' discusso delle visite di Gheddafi in Italia (con tanto di tende, cavalli berberi e variopinte carovane al seguito) che di questo aspetto. Il risarcimento ammonta a 5 miliardi di dollari, da distribuire (in venti comode rate annuali) in infrastrutture principalmente, ma anche in pensioni (ai vecchi combattenti libici) e borse di studio (!) a giovani studenti. Anche se non citata nel trattato, 3 dei 5 miliardi saranno destinati alla colossale autostrada che attraversera' la Libia dal confine tunisino a quello egiziano (sara' la piu' grande opera viaria mai costruita da imprese italiane, 1700 km, piu' del doppio dell'autostrada A1 Milano-Napoli!). Queste ingenti somme di denaro da dove verranno prelevate? Sembrerebbe da un aumento delle imposte a carico dell'ENI, questo dovrebbe rassicurarmi ma non so perche' non lo fa fino in fondo (credo la massima trasparenza sarebbe auspicabile in casi del genere). Petrolio, Gheddafi, baciamano, interessi e connivenze, tutta questa storia non ha nulla di raccomandabile. Da sottolineare che la questione degli italiani espulsi dalla Libia nel 1969 e privati da Gheddafi dei loro beni e delle loro aziende non e' stata affrontata.
Delle tante foto (emblematiche del personaggio) che si possono recuperare su Berlusconi in contesti ufficiali, molte illustrano che il riguardo e l'attenzione che il premier mostra nei confronti di Gheddafi non sono invece concessi ad altre figure internazionali. Qui sotto le celeberrime corna durante la foto scattata ai ministri degli esteri riuniti a Caceres, in Spagna, nel 2002 (Berlusconi era ministro degli esteri ad interim, il fortunato ministro a cui furono affibiate le corna Josep Pique').


Questa invece l'altrettanto nota foto con bandana durante la visita del premier Blair in Sardegna nel 2004. La moglie di Blair poi dichiaro' l'imbarazzo di lei e del marito che temevano le critiche dei giornali inglesi nell'esporsi accanto ad un Berlusconi cosi' anomalo e caricaturale (il premier aveva subito da poco un trapianto di capelli).


A 150 anni dall'unita' di Italia sono questi i desolanti quadri che ritraggono chi ci governa. E molti italiani, anche se non la maggioranza per fortuna, sembrano seguirlo nell'abisso della distruzione del paese e dei suoi principi etici. Tornando a Gheddafi, come definire quelle 500 ragazze che per 70 euro si sono prestate ad essere ricevute dal muammar per una pagliacciata di incontro-convegno che doveva spiegare le ragioni dell'Islam? Il grido di lamento di Dante continua a risuonare piu' attuale che mai.

venerdì 4 marzo 2011

Storia di un impiegato

"Di una cosa sono convinto: un libro dev'essere un'ascia per il mare ghiacciato che è dentro di noi." (F. Kafka)
La frase del grande scrittore si puo' applicare ovviamente, oltre che ai libri, a qualunque creazione artistica che produce scoinvolgimento nell'animo di chi la fruisce portandolo, nello stesso tempo, ad aprire gli occhi su aspetti fino a quel momento ignorati o trascurati. L'ascolto di "Storia di un impiegato", capolavoro di Fabrizio De Andre' del '73, e' un'esperienza che ti segna e non ti lascia uguale a prima, e' un colpo forte d'ascia, crudele e lucido come non mai. Le canzoni dell'album sono episodi di una sequenza  cronologica che racconta la vicenda, interiore ed esteriore, di un impiegato, scelto come simbolo di quella categoria di persone che vivono in modo pacifico e borghese, accettando i principi della societa' benpensante per interesse, conformismo o vigliaccheria. L'impiegato, ogni mattina, si reca al lavoro per contare "i denti ai francobolli", senza nessuna aspirazione ideale trascina il suo tempo aridamente, il benessere economico e' il traguardo da rinnovare giorno dopo giorno, lo assorbe completamente placando le sue paure, chiedendogli il minimo indispensabile materiale. 
Accade pero' che un giorno gli capiti di ascoltare la Canzone del Maggio, brano iniziale dell'album (la breve introduzione che lo precede anticipa le sonorita' e le atmosfere della storia che si sta per sviluppare), traduzione, liberamente adattata, di una canzone francese nata durante le rivolte studentesche del '68. La canzone, la piu' celebre dell'album, con il suo "anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti", esalta il coraggio e la volonta' di cambiamento dei giovani protagonisti dei movimenti di protesta degli anni precedenti, e per contrasto accusa gli indifferenti, fautori dell'ordine e della disciplina, che stanno alle finestre perche' tanto tutto tornera' come prima. Grazie ad essa, scoppia la prima bomba, La bomba in testa nel protagonista, la canzone successiva in cui l'impiegato prende coscienza della sua condizione e inizia a riflettere su come riscattarsi, pur sapendo che oramai e' troppo tardi per unirsi alle battaglie degli studenti. Sogna quindi la seconda bomba, questa volta da gettare Al ballo mascherato, per colpire e smascherare i miti della societa' moderna: la religione, il potere, la famiglia. La strage non risparmia nessuno, in un crescendo di ironia beffarda e di sensazioni oniriche, vengono colpiti Cristo, l'ammiraglio Nelson, la Statua della Liberta', Dante che spia Paolo e Francesca (e che condanna per l'eternita' il loro amore cosi' "normale"). Anche il padre e la madre cadono vittime, il primo e' colpevole di avere indossato la maschera dell'autorita' che le convenzioni sociali gli impongono in quanto padre, la seconda invece si e' sempre celata dietro la maschera della pieta', rinunciando a se stessa, ad una libera determinazione, scegliendo  la vanita' del suo martirio come unico suo principio di vita. Qui forse e' opportuno citare che De Andre' vede i vincoli familiari alla stessa stregua dei vincoli economici, entrambi sono costruzioni artificiose finalizzate al puro mantenimento dell'ordine precostituito, usate per ottenere ascesa sociale, infatti "banca e famiglia danno rendite sicure" come verra' poi cantato piu' avanti. Nella quarta canzone, Sogno numero due, la parola e' piu' recitata che cantata, ed esce dalla bocca del giudice che deve esprimersi sul comportamento dell'impiegato. Sorprendentemente il giudice e' grato all'impiegato che, ponendosi sopra gli altri e sopra la legge, si e' schierato dalla parte del potere cosi' rinnovandolo. L'impiegato ha quindi facolta' di scelta, "Tu sei il potere. Vuoi essere giudicato? Vuoi essere assolto o condannato?". Il sistema lo seguiva dall'inizio, sorvegliando tutte le sue azioni, fino a scoprirlo "nel ruolo più eccitante della legge, quello che non protegge, la parte del boia". Usando violenza e sopraffazione ha scavalcato altri poteri innalzando il proprio, per il sistema non conta chi e' al comando, e' importante invece che siano usati i meccanismi soliti, in modo che ad un potere ne succeda un altro in una rincorsa senza fine. Il giudice infine concede all'impiegato la possibilita' di continuare a sognare, uno di quei sogni che non svegliano, l'impiegato accetta ma presto si rende conto che si tratta di un incubo, infatti nella Canzone del padre vede come procederebbe la sua vita se occupasse lo stesso posto (posizione sociale) che il padre, ucciso nel sogno precedente, ha tenuto nella sua. Molto bella la metafora della navi, "le più piccole dirigile al fiume, le più grandi sanno già dove andare", ad indicare la regola di vita per cui i soggetti socialmente piu' in basso vanno sfruttati, quelli di rango elevato lasciati stare. La vita vissuta nel posto del padre e' una vita misera e insignificante, condivisa con una moglie ed un figlio che appaiono pero' lontani, fragili nei loro sentimenti. Il protagonista, preso dall'angoscia, ha uno scatto di rabbia e si sveglia minacciando il giudice di rivederlo nella realta'. Quasi per disperazione, frustrato dall'impossibilita' di dare sollievo alla sua esistenza, diventa (ora effettivamente) Il bombarolo. Agendo per proprio contro, anzi disprezzando "i profeti molto acrobati delle rivoluzioni", l'unico suo obiettivo e' ora quello seminare il terrore. La follia cieca lo porta a voler far esplodere un bomba nel Parlamento, ma il piano grossolanamente fallisce (esplode un'edicola vicina). Nella canzone successiva, Verranno a chiederti del nostro amore, l'impiegato e' gia' in carcere. La storia sta per concludersi ma, prima che cio' accada, c'e' tempo per una dichiarazione di amore (e nello stesso tempo di dura accusa) rivolta alla compagna fuori dal carcere. Il protagonista scrive a lei una lettera, anticipandole che i giornali la metteranno in prima pagina contrapponendola a lui. Lei non si fara' da parte, si prestera' al gioco, e continuera' a condurre una vita qualunque, donandosi ad altri diversi da lui ("tuoi occhi come vuoti a rendere per chi ti ha dato lavoro, i tuoi occhi assunti da tre anni, i tuoi occhi per loro"). L'amarezza e' in parte mitigata dalla tenerezza, tanto e' vero che in lui resta una debole speranza che lei cambiera' ("continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai"). L'ultima canzone, Nella mia ora di liberta', la vicenda dell'impiegato finalmente trova un senso, lui si identifica con gli altri detenuti e, collettivamente agendo, nell'ora di liberta' tutti insieme imprigionano i secondini, in nome della stessa causa. Capendo "che non ci sono poteri buoni", sfida ora la folla accorsa alle porte del carcere, ripetendo il ritornello della canzone iniziale, "per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti" (la storia si chiude a cerchio quindi).
Un album da ascoltare senza esitazioni, e' facile restarne catturati. Non entro nel merito del giudizio politico in quanto non sarei in grado di analizzarlo nel dettaglio, limitandomi all'aspetto artistico lo considero una pietra miliare nell'ambito del genere cantautorale italiano, non solo relativamente ai testi (pura poesia, su questo non c'e' da discutere), ma anche nei riguardi della musica (cosa invece piu' criticata), molto espressiva e mai scontata (a volte, curiosamente, con richiami ai temi di film western e horror, almeno secondo la mia impressione). Sottolineo inoltre l'attualita' delle tematiche, mettendo l'accento su un aspetto forse non chiaro da cogliere: la ricorrenza del ruolo dei mass-media nei vari brani. Si inizia citando chi ha preso per buone "le verita' della televisione", per poi passare a "Berto, figlio della lavandaia", dato per morto nel giornale di ieri, fino ad arrivare all'amata, la cui immagine e' gettata in pasto ai giornali ed alle televisioni ("dietro ai microfoni porteranno uno specchio per farti più bella e pensarmi già vecchio").

martedì 1 marzo 2011

Gli anni

E' piu' facile percepire lo scorrere del tempo guardando gli altri che se stessi. Quante volte mi capita di incontrare per caso miei coetanei, che non vedevo da parecchio, con un bambino in braccio. Ai miei occhi sembrano diventati padri all'improvviso, li ricordavo magari sui banchi di scuola, nella spensieratezza della loro gioventu', ritrovarseli davantiinaspettatamente puo' essere traumautico. Non colpiscono tanto i segni esteriori, l'aspetto cambiato, e' il materializzarsi della consapevolezza che si sono sposati, hanno messo su famiglia, magari possiedono una casa di proprieta', un lavoro che non avresti mai immaginato, che disorientano e stupiscono. L'"aeroplanino" ora e' parcheggiato in panchina, ma ricordo come fosse ieri quando volteggiava sui campi verdi. Anche perche' appena due anni fa appese le scarpette al chiodo, chi avrebbe mai pensato di ritrovarlo gia' come allenatore di una squadra si Serie A, per giunta la squadra con la quale ha condiviso la maggior parte della sua carriera calcistica? "Vincenzino" Montella, le immagini piu' nitide che conservo di te risalgono a tempi ormai lontani, anche se l'affetto da tifoso verso di te non e' mai diminuito, nemmeno nelle tue ultime stagioni da calciatore, quelle in cui venivi schierato raramente o addirittura ceduto in prestito. Il gol dal pareggio a Torino contro la Juventus a tempo scaduto, con la tua zampata acrobatica piu' veloce del portiere e del tuo amico-nemico Batistuta, ed i festeggiamenti vicino alla bandierina, proprio sotto il settore dei tifosi giallorossi; il gol del giorno dello scudetto, il secondo della Roma contro il Parma, pronto a ribattere ancora una respinta del portiere ed a decollare verso la curva sud; i quattro leggendari gol del derby vinto 5-1, due insolitamente di testa, uno di rapina ad anticipare l'immobile Nesta, l'ultimo con tiro da fuori a colpire il sotto della traversa.
Ora ti ritrovo non invecchiato, anzi la tua faccia da ragazzino un po' "scugnizzo", dall'aria furba ma simpatica, non penso che cambiera' mai. Ti ritrovo con la cravatta e con il giaccone lungo, ai bordi del campo, tutto assorto a "leggere" la partita, dare indicazioni, decidere i cambi. Non so come riuscirai a cavartela, se oltre al ruolo di "traghettatore" riuscirai a guadagnarti altro. Messa da parte la mia malinconia ti auguro innanzitutto di mantenere nella nuova veste quella sincerita' che, per quanto posso io intuire, mi sembra e' sempre stata tipica della tua persona. Fra passaggi societari, spogliatoi spaccati, sbagli di allenatori e colpe di giocatori, il "povero" tifoso non ci capisce piu' nulla e comincia a pensare di essere ingannato da montagne di frottole. La tua umanita', e la tua intelligenza, mi portano a sperare che saprai distinguerti da tutti gli altri. Vola "aeroplanino", vola!