"Mi innamorai del calcio come mi sarei innamorato delle donne: improvvisamente, inesplicabilmente, acriticamente, senza pensare al dolore o allo sconvolgimento che avrebbe portato con se'".Cosi' inizia Febbre a 90' di Nick Hornby, un libro che, a differenza di tanti altri, non descrive una storia che ruota intorno al calcio, ma va nel profondo di quell'atteggiamento irrazionale e fanatico che chiamiamo tifo. Il racconto autobiografico si sviluppa dall'infanzia all'eta' adulta passando dal ricordo di una partita alla successiva, in rigoroso ordine cronologico. Non sono i fatti della vita a procedere in modo autonomo, il cardine della narrazione e' l'Arsenal, la nota squadra di Londra, tutto il resto si sviluppa intorno alle vittorie ed alle sconfitte, i campionati e le finali di coppa, gli stadi e le trasferte. Ovviamente tale scelta non e' casuale, infatti rende bene l'idea di come funziona la mente di un tifoso: un vero tifoso quando pensa ad uno specifico anno passato pensa ad un avvenimento sportivo riguardante la sua squadra, accaduto nell'anno, di memorabile valore (la conquista di un trofeo ma anche una singola partita giocata in modo spettacolare o vinta all'ultimo minuto). Solo in un secondo momento l'evento calcistico permette di associare vicende della vita personale anche importanti (un fidanzamento, un successo sul lavoro, un viaggio appagante).
La frase di apertura sopra riportata racchiude alcuni elementi che contraddistinguono il modo d'essere di un tifoso, soprattutto e' significativo che amore e dolore compaiano insieme. Come l'innamorato il tifoso puo' passare facilmente tra stati d'animo opposti, e' inebriato dalla bellezza della donna amata e con lei gioisce, ma puo' anche disperarsi e soffrire quando l'amore non e' ricambiato oppure svanisce. A meno di non essere fortunati (o opportunisti) tifando una squadra normalmente abituata a vincere, chi si innamora di una squadra non di vertice, nel momento in cui scocca la scintilla, condanna se stesso ad un'esistenza di cocenti delusioni e frustrazioni, intervallata sporadicamente da euforie tanto intense quanto brevi. Per quanto riguarda l'Arsenal in particolare, occorre specificare che, pur essendo la terza squadra piu' titolata di Inghilterra (13 campionati vinti), il periodo a cui il libro fa riferimento (1968-1992) fu piuttosto povero di risultati per i bianco-rossi, quantomeno nella parte centrale. Il protagonista rimane affascinato dall'Arsenal nella prima partita vista ad Highbury insieme a suo padre, un Arsenal-Stoke City giocata il 14-9-68. La prima stagione da tifoso si conclude gia' con un'amara sconfitta in finale di coppa di lega. Tuttavia non dovra' aspettare molto che, arrivera' nel '71 la storica doppietta campionato e coppa di Inghilterra. Si trattera' pero' di un anno eccezionale, come poi dimostreranno le stagioni a venire. Infatti l'Arsenal dovra' aspettare l'89 per vincere nuovamente il campionato. Il libro quindi racconta la passione autentica del tifoso che sostiene a prescindere la squadra, anche nei peggiori momenti di difficolta', quasi fosse una fede. Viene evidenziato inoltre un aspetto psicologico molto realistico: mentre l'esultanza a seguito di un trionfo e' vissuto in modo collettivo, la mortificazione per una sconfitta e' elaborata privatamente, tenuta nascosta nel proprio animo fino a quando non scompare. Come un ago sottile infilato nella pelle che non puo' essere toccato altrimenti farebbe ancora piu' dolore, il tifoso triste non va consolato in nessuna maniera. Qualsiasi parola di conforto sarebbe inutile, le delusione deve sbollire naturalmente, come un eroe romantico il tifoso affronta in solitudine il proprio tormento, nessun altro potrebbe capirlo.
Ritornando alla frase iniziale notiamo che l'autore definisce il suo innamoramento come improvviso. Sebbene la scelta di una squadra sia un evento importante in quanto irripetibile (si puo' cambiare una moglie, una casa, un'idea ma la squadra del cuore mai), in genere la consapevolezza di voler appartenere ad una squadra matura molto rapidamente, ed e' legata a qualche evento calcistico di notevole risonanza. Ricordo ad esempio di aver iniziato ad interessarmi al calcio vedendo le partite dei mondiali in Messico del '86 sulla tv a colori di amici dei miei. Dopo qualche mese, durante la lettura della classifica di serie A in un telegiornale della sera, mi apparse chiaro, quasi come fosse un'ispirazione, la squadra alla quale mi sarei dovuto legare per il resto della vita (non solo si realizzo' improvvisamente quindi, ma anche inesplicabilmente). L'impossibilita' di spiegare o il voler fuggire le spiegazioni (acriticamente, riferendosi ancora alla frase di apertura) sono fenomeni che poi accompagnano lo stile di un tifoso senza alcuna discontinuita'. Citando cio' che e' descritto nel libro, come spiegare le trasferte in treno nelle citta' piu' lontane magari per una partita di ritorno con giochi fatti gia' all'andata, dovendo prendere pure un giorno di ferie? Che spiegazioni dare ai familiari quando la propria vita viene programmata in funzione del calendario calcistico? Addirittura pretendendo di farsi accompagnare nel caso di qualche impedimento fisico (il protagonista si reca ad Highbury nonostante la gamba ingessata)? Tutto cio' e' ancora piu' assurdo se si pensa, e giustamente nel libro viene fatto notare, che la stessa dedizione ed attaccamento alla squadra spesso non si riscontrano nei giocatori (l'autore ad un certo punto si chiede come sia possibile, appena una settimana dopo una finale persa, che essi siano tutti allegri e sorridenti come nulla fosse successo). Difficile dare giustificazioni razionali ai disagi patiti nel recarsi negli stadi e dentro gli stadi nell'assistere alle partite. A questo proposito e' necessario sottolineare che il calcio degli anni '70 e '80 era il calcio di un'altra epoca. A livello sportivo era un calcio che possiamo definire epico, fatto di corsa e di sudore, di grandi talenti ma soprattutto di grande agonismo e impegno fisico (cosi' almeno una buona parte del calcio inglese, poco aperto alle influenze estere e alle novita' del calcio "totale"). In particolare l'Arsenal era una squadra che aveva la fama di essere brutta, di giocare male, di vincere spesso per 1-0, con il minimo sforzo (da qui anche la fama di essere fortunata). Da un punto di vista organizzativo era invece il calcio che precedeva il rapporto Taylor, quello con gli stadi senza posti a sedere, le tribune e le vie d'accesso affollate piu' del dovuto, gruppi di tifosi che caricavano, scontri piu' o meno violenti sia all'interno che all'esterno della strutture sportive. Infatti gli amanti del calcio di quell'era non erano ben visti dall'opinione pubblica, la societa' inglese, nel suo complesso, li considerava rozzi e volgari. Seguire il calcio, specialmente in trasferta, poteva essere un'esperienza pericolosa. Nel libro vengono menzionati sia i fatti di Wembley che quelli, assai piu' gravi come numero di vittime, di Hillsborough, specificando che solamente per pura casualita' simili tragedie non sono capitate piu' spesso. Come il tifoso sappia dimenticare rapidamente episodi drammatici accaduti negli stadi per riportare subito in primo piano rivalita', vittorie e sconfitte e' un altro dei vari misteri insondabili del calcio.
Il quadro che l'autore dipinge sul tifo racchiude altre sfumature curiose oltre a quelle elencate finora. Ad esempio l'effetto "ritardante" che il calcio produce sugli individui. Il calcio assume, nella mente del tifoso, la forma di un mondo fantastico, illusorio, che aliena e isola dalla vita reale. L'autore confessa di lasciarsi andare, in qualunque momento della giornata, a pensieri su azioni e gol di partite passate, che vengono ricostruiti nella sua immaginazione. La dimensione calcistica viaggia parallela alla realta' quotidiana, assorbendone desideri ed aspirazioni. Il limbo calcio e' un "micro-universo" gratificante, che distoglie dalle preoccupazioni concrete. L'autore del libro, una volta terminata l'universita', ha difficolta' ad indirizzare la sua vita, passando da un incarico di insegnamento all'altro, comprende che dovrebbe realizzarsi diversamente, ma non e' in grado di operare delle scelte. Il calcio serve a "ritardare" la sua crescita, a sospenderla in attesa di uno sviluppo ancora non definito.
Nonostante cio' calcio e vita, secondo l'autore, procedono con parallelismo perfetto, nessuno influenza l'altro ma, magicamente, raggiungono in sincronia periodi negativi e positivi. I lunghi anni di insuccessi dell'Arsenal coincidono in gran parte con la fase buia dell'autore (anche dal lato sentimentale), la vittoria in campionato del '89, e poi quella del '91, sanciscono invece la sua affermazione personale (finalmente diventa uno scrittore). Infine, il libro vuol essere un omaggio al calcio come gioco, uno sport imprevedibile in cui puo' vincere, a volte, la squadra piu' debole, ed il colpo di genio, l'estro, possono essere piu' decisivi della tattica e della disciplina. Ed e' anche un omaggio ai suoi protagonisti, dai giocatori simbolo, leader per carattere o doti tecniche, a quelli bravi per arrivare a giocare nella massima divisione ma non abbastanza per costruirsi una carriera di successo (come nella vita vera la selezione e' spietata, per quanto si possa confidare nei proprio mezzi). Un omaggio al senso di appartenenza del tifoso ed alla meravigliosa circostanza per cui, qualunque cosa accada alla tua squadra, attraverso di essa un amico o conoscente pensera' anche a te. Pur non capendo la tua fede o forse respingendola, ti identifichera' con la squadra per cui tifi, miracoli che solo il calcio sa creare.
Qui sotto la foto del gol all'ultimo minuto di Michael Thomas in Liverpool-Arsenal 0-2, ultima partita della stagione '89. L'Arsenal doveva vincere per almeno due gol di scarto per superare il capolista Liverpool per differenza reti, e' cosi' avvenne, all'ultimo respiro. La vittoria leggendaria e' anche l'evento culminante dell'intero libro, quasi come fosse un'invenzione letteraria piuttosto che un fatto realmente accaduto.
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